martedì 8 gennaio 2008

condizionamenti mentali esercitati dai differenti modelli culturali e influenza degli stereotipi sulla visione dl mondo

Ulrich Kuhnen, International University di Brema, dipartimento di psicologia
I condizionamenti mentali esercitati dai differenti modelli culturali e influenza degli stereotipi sulla visione dl mondo
Pensare in asiatico, Mente&Cervello, n.9, anno II, maggio-giugno 2004
Gli esperti di psicologia cognitiva sono convinti che i processi mentali di base siano gli stessi per tutti. Studi recenti suggeriscono però che le radici culturali condizionino, oltre al contenuto dei nostri pensieri, anche il mondo in cui li elaboriamo.
Il cervello è un computer? Gli scienziati cognitivi paragonano spesso la mente ad un computer. Il cervello corrisponderebbe all’ hardware, i processi mentali sarebbero l’equivalente del software, e i contenuti su cui riflettiamo sarebbero l’input, i dati in ingresso nel sistema. E poiché hardware e software della mente umana si sono formati in milioni di anni di evoluzione,l’esiguo periodo di tempo nel quale si sono sviluppate le diverse culture umane può aver condotto solo a mutamenti minimi dei processi di pensiero. Tuttavia, poiché la cultura influisce sui dati in ingresso, i risultati di processi mentali identici possono comunque essere diversi. Ricerche recenti legittimano però qualche dubbio su questa lettura della metafora del computer, dimostrando che persino processi di Uno degli studi più istruttivi sull’argomento è stato pubblicato un paio di anni fa dell’università del Michigan diretto Takahiko Masuda e Richard Nisbett. L’esperimento consisteva nel presentare a volontari americani e giapponesi un video con una scena sottomarina: in primo piano si muovevano alcuni grossi pesci, mentre sul fondo scorrazzavano animali più piccoli; qua e là erano visibili sassi e piante. Dopo un po’ la scena spariva e i soggetti dovevano raccontare ciò che avevano visto. Mentre le descrizioni degli americani iniziavano quasi sempre dai grandi pesci in primo piano, e solo dopo passavano ad altri particolari, quelle dei giapponesi riferivano fin dal principio anche dettagli dello sfondo, come le piante o la forma delle pietre. Alla fine, tutti i partecipanti avevano parlato in eguale misura dei pesci più visibili, ma i giapponesi ricordavano il 70% in più degli elementi secondari. Con un successivo esperimento, i ricercatori hanno dimostrato che i due gruppi culturali avevano memorizzato la stessa scena in modo diverso. Dopo la proiezione del video, sono state mostrate ai volontari varie immagini fisse della scena, nelle quali si vedeva sempre un grosso pesce. A volte questo pesce corrispondeva ad un esemplare presente nel video; altre volte sia il pesce, sia lo sfondo erano diversi; altre ancora era lo sfondo a corrispondere e non il pesce. I soggetti dovevano dire se il pesce mostrato era presente anche nella scena originale. Risultato: se il pesce appariva in ambiente mutato, gli americani lo identificavano più spesso dei giapponese, mentre questi ultimi primeggiavano quando sia lo sfondo, sia il pesce corrispondevano all’originale. L’impressione è che gli orientali percepissero ed elaborassero i grossi pesci olisticamente nel loro contesto. L’accuratezza del loro ricordo dipendeva perciò anche dalla natura dello sfondo. Gli occidentali, invece, si erano concentrati sui pesci grandi in primo piano li riconoscevano sempre con la stessa precisione indipendentemente dall’ambiente.

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