lunedì 8 dicembre 2008

io e la geometria

7 dicembre
Io, lo spazio, le forme, la geometria, il movimento

Quando ero piccolo
Non credo d’aver mai dato grande importanza agli spazi, alle loro forme, alle strutture delle cose.
Solo ora ripensandoci, dopo tanto tempo tutto assume una forma.
Ripenso alle parole di un insegnate di tecnica della scuola media quando diceva: una parete, il pavimento di una stanza, il piano di appoggio di un tavolo o di un banco sono costruiti con materiali diversi, mattoni, piastrelle, vetro, legno, ma hanno quasi tutti la stessa forma, la forma rettangolare.
Per chi si occupa di geometria non interessa né il materiale, né il colore, né la temperature, né il peso, … ma solamente la forma e l’estensione e qualche volta la posizione degli oggetti. Così di una piramide e di un cilindro che occupano la stessa quantità di spazio, ma non sono fatti dello stesso materiale, interessa solamente che abbiano la stessa estensione e forma diversa. Il calore, il peso, la temperatura, il materiale, … interessano altri capitoli della scienza.
A quei tempi non me ne ero reso conto, ma quel professore mi aveva insegnato qualcosa di importante: la geometria si occupa solamente della forma e dell’estensione dei corpi (ed eventualmente della loro posizione).

La scuola elementare
Era una scuola anonima, gialla e grigia, un grosso quadrato anonimo, con grandi finestre con all’interno un piccolo chiostro quadrato che fungeva da campo da calcio. Anche le porte del campo da calcio erano quadrate; così come le due fontane agli angoli del chiostro le ricordo quadrate.
Era una scuola piena di gradini, tutti rettangolari. C’erano gradini per accedere al rettangolare corridoio che conducevano alla classe di forma quadrata con grandi finestre quadrate. I banchi di legno erano dei piccoli rettangoli, mentre le sedie erano composte da due pezzi di legno di forma quadrata tenuti insieme da pezzi di ferro. La lavagna era rettangolare e grande, la cattedra rettangolare collocata su di una pedana di forma rettangolare. Ma la forma più strana era quella del cestino: in un luogo dove tutto sembrava quadrato o rettangolare, il cestino aveva una forma particolare.

La scuola media
Ricordo la prima lezione: parlava di superficie curva e superficie piana.
Il professore fece l’esempio di una palla da calcio. A quei tempi si giocava sempre e solo con la palla da calcio. Se vogliamo cambiare colore alla nostra palla dobbiamo stendere un sottile strato di vernice sulla sua superficie. Tutti gli oggetti sono limitati da una superficie che può essere curva o piana. Una biglia è limitata da una superficie curva, un cubo è limitato da superfici piane, un cilindro è limitato da due superfici piane, le due basi, e da una a superficie curva, la superficie laterale.
Allora non reputai questo concetto tanto importante, così come mi apparve priva di significato la frase: una figura geometrica è un insieme di infiniti punti. Una figura geometrica si dice figura piana se tutti i suoi punti appartengono a uno stesso piano, si dice figura solida se non tutti i suoi punti appartengono a uno stesso piano.

Al Liceo e all’Università
C’è un solo ricordo del Liceo che ha a che fare con la geometria: il postulato di Euclide.
Non credo ancora oggi d’averlo capito a fondo, ma quella definizione, quel postulato - per un punto non appartenente a una retta passa una sola ed una sola retta parallela alla retta data- non riesco proprio a dimenticarlo.
Quando andai all’Università cominciai a guardarmi attorno, ad osservare le piazze, le forme dei palazzi, i pavimenti delle Chiese, le varie forme degli oggetti, il loro movimento.
Volevo capire parole come traslazione, traiettoria, moto rettilineo uniforme, moto vario, moto uniformemente accelerato, velocità costante, velocità media, velocità istantanea, accelerazione.

Oggi quando guardo le immagini de –La Rotating Tower- il grattacielo rotante di Dubai progettato dall’architetto David Fisher, rimango ammaliato.
Un edificio di 80 piani mobili dove abitare, una macchina con piani che ruotano attorno ad una colonna centrale, che muta la sua forma esterna, dotato dal pavimento al soffitto di impianti elettrici ed idraulici.
Un edificio che mi appare come la sintesi perfetta di spazio, forme, geometria e movimento.

i frattali

6 dicembre

I Frattali:
L’indagine della natura ha trovato un nuovo codice interpretativo nella matematica. A differenza della geometria euclidea, così rigida nel rappresentare il mondo visibile, e così lontana dal poter rappresentare le forme reali, la geometria frattale è capace di raffigurare i profili di una montagna o di una costa, la nuvola, le strutture cristalline e molecolari, ed addirittura le galassie. La parola frattali definisce una rappresentazione grafica composta di linee spezzate, dall’andamento apparentemente irregolare, che sono in sostanza delle strutture matematiche, capaci di esprimere comportamenti variabili in spazi anche molto piccoli.
Frattali: Entità geometrica derivante da una costruzione che ripete, in scala sempre minore, la stessa forma iniziale. Le tecniche frattali, formalizzate nel 1975 dal matematico B.Mandelbrot, vengono utilizzate nello studio matematico di sistemi caotici e, nell’ambito della computer grafic, nella generazione automatica di immagini. L’autosomiglianza, ossia la similitudine con una propria parte, caratterizza le figure frattali, i nuovi oggetti di cui si è arricchito il panorama delle figure geometriche negli ultimi trent’anni, grazie allo sviluppo dei calcolatori e alle tecniche della computer graphics.
Popolari per le loro caratteristiche estetiche, il loro studio, da un punto di vista matematico, è sistematizzato da Mandelbrot che ha l’idea originale di iterare la semplice forma ricorsiva X2 + c dando a x e c valori complessi. Se x è un numero complesso qualunque, elevandolo al quadrato r sommando c si ottiene un nuovo numero complesso. Ripetendo per questo numero lo stesso procedimento si ottiene un ulteriore numero, e così via indefinitamente.
Questa semplice operazione di iterazione genera, sullo schermo del computer che la implementa, una figura inquietante, l’insieme di Mandelbrot. Una delle sue proprietà caratteristiche è infatti l’autosomiglianza: se si guarda il contorno della figura, una parte qualunque riproduce in scala la forma dell’insieme. Secondo Mandelbrot, la rivoluzione frattale, annuncia l’avvento di una nuova stagione nella matematica e nella scienza, una nuova geometria della natura, che consente di descrivere i più disparati fenomeni dal comportamento irregolare e caotico, dalla turbolenza alla distribuzione della materia nell’universo, e traduce in termini moderni le celebri parole di Galileo.
Galileo nel Saggiatore scriveva: le figure geometriche, piane o solide, il triangolo, il quadrato, il cerchio, il cubo, il tetraedro sono gli elementi essenziali del mondo, le strutture fondanti della realtà; infatti il grande libro della natura è scritto in lingua matematica, e i suoi caratteri sono triangoli, cerchi, e altre figure geometriche. (E’ questa di Galileo idea antica, risalente a Pitagora, a Platone che nel Timeo associa la Terra, il fuoco, l’acqua, l’aria e l’etere al tetraedro, all’ottaedro, all’icosaedro, al cubo e al dodecaedro. Naturalmente il sistema del mondo non ha nulla a che fare con i solidi platonici, tuttavia i solidi platonici cioè poliedri le cui facce sono poligoni regolari identici tra loro, e i cui vertici sono angoli eguali tra loro, rappresentano le superfici più semplici da studiare ed hanno catturato l’interesse degli uomini sin dai tempi più remoti).
In realtà, la generazione e le proprietà matematiche di figure di questo tipo erano in gran parte già note da tempo. La grafica al calcolatore ha solo consentito di tradurre in immagini quel grande arsenale di funzioni e insiemi strani e patologici scoperti dai matematici tra ottocento e novecento, rivelando le fascinose figure dai contorni frastagliati ed irregolari, che hanno fatto parlare di bellezza dei frattali.

Curiosità:
In questi anni, molti scienziati e matematici hanno iniziato a considerare la possibilità di prevedere l’andamento dei mercati in borsa. In questo ambito ha trovato un’importante spazio l’applicazione della teoria dei frattali.
Frattale è il termine coniato da Mandelbrot derivante dal latino fractus, e intendendo un oggetto, più propriamente una figura geometrica, che mostra la caratteristica di autosomiglianza, proprietà di un insieme che, se osservato nei dettagli a scala sempre più piccola, rimanesimile all’insieme di partenza. Mandelbrot si accorse che molti oggetti comuni, coste, i cristalli di neve, le nuvole, gli alberi o le catene montuose, si riconducono naturalmente a queste particolari costruzioni geometriche. Nasceva in questo modo una nuova branca della matematica chiamata geometria frattale. Mandelbrot studiando il fenomeno capì che il grado di irregolarità rimane costate su scale diverse. Lo stesso fenomeno viene riscontrato sui mercati finanziari, dove è possibile osservare comportamenti simili sui grafici giornalieri di 60 minuti o 5 minuti. Gli scienziati e i matematici hanno appurato che nei mercati esiste la tendenza a persistere in movimenti al rialzo o al ribasso per periodi prolungati, confermando così l’esistenza dei trend già esaminati dall’analisi tecnica. La scoperta e lo studio della natura frattale dei mercati finanziari dimostrano in sostanza che le distribuzioni dei rendimenti delle attività finanziarie sono delle distribuzioni frattali che godono di alcune importanti proprietà tra cui l’invarianza rispetto alla scala temporale e l’esistenza di una memoria a lungo termine che lega i dati della serie storica.

informatica e kolam

5 dicembre


Informatica e Kolam.
Per capire come un linguaggio formale possa creare una figura geometrica si può pensare a tale linguaggio come a una serie di istruzioni che dicono al computer come disegnarla.
Un esempio molto famoso è il linguaggio della tartaruga o linguaggio Logo, inventato da Seymour Papert negli anni '60 nell'ambito di un progetto educativo per i bambini.
L'idea di base è che una tartaruga può disegnare con la propria coda (sporca) un'immagine camminando sullo schermo del computer e che possa ubbidire ai nostri ordini. Avremo quindi un'istruzione per dirle "vai a destra", una per "volta a sinistra", per "vai diritto" e così via. In questo modo parlando alla tartaruga tramite questo linguaggio formale, saremo in grado di tracciare vari percorsi che creeranno di conseguenza diversi disegni.

INTERVISTA A MACCHI ALBERTO

4 dicembre
INTERVISTA A MACCHI ALBERTO

Macchi Alberto 68 anni, da sempre nel mondo dell’edilizia, per alcuni anni ha ricoperto il ruolo di responsabile progettista per –EDILNORD-.

Perché una laurea in architettura?
Da piccolo amavo disegnare. Quella creatività giovanile si è trasformata in passione, poi in studio, prima al Liceo Artistico quindi alla facoltà di Architettura, infine in un lavoro. Inoltre in famiglia eravamo tutti architetti.

Cosa le piace del suo lavoro? Cosa vuol dire oggi essere architetti?
Potere esprimere le mie idee sulla carta e vederle realizzate in pratica; risolvendo di volta in volta i problemi durante l’esecuzione dell’opera.
Essere architetti vuol dire saper mettere in pratica le nozioni apprese e secondo le capacità vuol dire tutto o nulla. E’ un lavoro che bisogna amare.

Quale rapporto ha con lo spazio e le forme?
E’ questo un problema fondamentale: la forma deve inserirsi nel modo più armonioso possibile, più razionale, più funzionale nello spazio. Questo vale sia per i piccoli spazi (arredamento di un locale), sia per i grandi spazi (l’inserimento di un edificio in un contesto esterno).

Quando progettava a che cosa pensava?
A molte cose: dimensioni, problemi da risolvere, estetica, proporzioni.
La cosa più importante quando si inizia a progettare è capire che tutte le idee che si hanno e che si pensano devono fondersi tra loro nel modo più armonioso possibile, da un punto di vista estetico e da un punto di vista pratico. La bellezza di un progetto e di un oggetto sta nel momento creativo e nelle diverse fasi di elaborazione tecnica e di produzione

Ad un giovane architetto cosa direbbe?
Direi di amare il proprio lavoro e di dedicarsi ad esso con passione e con dedizione. Anche se per la maggior parte dei giovani oggi è difficile inserirsi nel mondo del lavoro, solo con la tenacia e l’interesse per quello che si fa è possibile arrivare. L’architettura alla fine può dare grandi soddisfazioni.

Rifarebbe l’architetto?
Ho sempre amato il mio lavoro. E poi l’architettura mi ha riservato grandi soddisfazioni. Quando dalla tua creatività vedi nascere interi quartieri di città e paesi, comprendi di aver fatto buone cose.

INTERVISTA A DONATO BRAMANTE

2dicembre

INTERVISTA A DONATO BRAMANTE

Si sente un genio dell’architettura?

Penso di esserlo stato. Quando alla fine del 400, io e Leonardo volgemmo la nostra attenzione verso un sovvertimento degli aspetti più astratti della raffigurazione spaziale del primo Rinascimento fiorentino, iniziammo qualcosa di nuovo. Infatti quando la prospettiva non ci apparve più solamente come strumento scientifico per il controllato ordinamento e possesso dello spazio, corrispondente a istanze di carattere razionale, ma come un accorgimento che permette di soddisfare esigenze di natura visiva, mirante a suscitare un’emozione, riuscimmo ad offrire un contributo decisivo alla maturazione di una nuova consapevolezza delle novità rinascimentali.
Pur senza recidere i legami con l’arte gotica avviammo nell’architettura e nella scultura un nuovo corso di chiare aspirazioni classicistiche che aprì il secolo 500.

La sua opera più importante?
Un momento importante della mia vita e della mia carriera avvenne con la caduta del principato sforzesco. Dovetti recarmi nella Roma di Giulio II. Qui prosegui nelle mie ricerche di norme razionali assolute, e progettai il Convento ed il Chiostro di Santa Maria della Pace. Quest’opera fu un nuovo punto di partenza. Infatti mi preoccupai di individuare un principio di proporzionamento d’insieme, che stabiliva scientificamente la posizione e la dimensione dei singoli elementi architettonici sia in pianta che in alzato. Una volta scelto il quadrato suddividevo l’intera area a disposizione in un reticolo regolare che fissava le dimensioni degli ambienti, -cortile, refettorio e zona conventuale- e la posizione delle strutture portanti, mentre il medesimo modulo geometrico regolava le altezze, che nei due piani del chiostro erano proporzionate secondo la regola vitruviana che voleva il secondo ordine un quarto più basso di quello terreno.
Garantivo in questo modo all’organismo architettonico un rigoroso coordinamento delle parti fra loro e con l’intero edificio, conseguendo un risultato di valore assoluto.

Che ne pensa dell’architettura delle nostre città?

Alcuni progetti sembrano rivoluzionari. Pensate al progetto proposto dal coreano Daekwon Park.
L’architetto ha ideato un sistema di torri multiuso per collegare tra loro i grattacieli del futuro. Infatti i grattacieli si stagliano sulle metropoli diventandone facilmente l’icona con la loro sfida alla gravità e il valore simbolico che da sempre li accompagna. Ma è pur vero che l’unicità e l’isolamento che li contraddistingue rischia di dare luogo a un tessuto urbano frammentato, in cui ogni gigante fa vita a sé, quasi fosse una piccola città nella città. Ecco Symbiotic Interlock l’invenzione dell’architetto coreano Daekwon Park. Il quale propone un progetto che mira a trasformare gli agglomerati sempre più verticali del futuro, la cui espansione sarà favorita dalla necessità di dare risposta alla sovrappopolazione, in sistemi interconnessi ed ecocompatibili. Symbiotic Interlock evidenzia l’importanza della configurazione a moduli in grado di combinarsi tra loro e attaccarsi agli edifici esistenti in un rapporto di fusione architettonica. Viene a crearsi così una rete di torri di servizio formata da moduli che assolvono funzioni specifiche. Alcuni contengono turbine che convertono l’energia del vento in elettricità, altri sono nodi strutturali che si agganciano alle facciate o passerelle che connettono i grattacieli, altri ancora sono giardini o spazi chiusi per la vita sociale. Un’infrastruttura espandibile che, mettendo in comunicazione palazzi vicini con avveniristici ponti sospesi,ricorda lo sviluppo delle cellule neurorali.

Vuol fare un elogio ad un architetto del passato?
Vorrei fare gli auguri a Palladio per i suoi 500 anni. Ho potuto constatare che i contemporanei gli hanno dedicato una mostra –La grande mostra- con esposti più di 200 opere con fotogrammi unici ritrovati in oltre 80 musei del mondo e riportati in Italia, per raccontare la carriera di un grande genio. Palladio può ancora insegnare molto: infatti le sue opere raccontano storie di uomini che vissero i tempi difficili di una società in trasformazione. Una collettività che credeva in
un’ architettura che potesse servire a migliorare il mondo intorno a loro.
La vita architettonica di Palladio può essere letta come un percorso che a partire dagli anni 30 del 1500 attraverso le diverse esperienze, quelle di scalpellino, progettista di ville e palazzi vicentini, commesse veneziane, mostra in tutto il suo splendore l’età del manierismo.
Vorrei ricordare che Palladio riuscì con grande bravura e progettare edifici grandiosi che rispecchiavano l’orientamento culturale dei committenti, volto ad un recupero del linguaggio dell’architettura classica e secondo la tendenza espressa dai più aggiornati circoli umanistici veneti, ma che ottemperavano anche a precise esigenze funzionali derivanti dallo svolgimento dell’attività agricola. Ciò si rifletteva nella struttura stessa delle ville, che conciliavano la dignità di motivi architettonici ispirati agli edifici antichi -come l’utilizzo di fronti colonnate con timpano, tipiche del tempo classico-, con la funzionalità di parti adibite ad uso agricolo -come portici, arcate e depositi-, e con l’uso di materiali poco costosi.
Le ville palladiane possono insegnare ancora molto agli architetti contemporanei. Suddivise in due tipologie, quella in cui prevale lo sviluppo orizzontale su un unico piano, costituito da un corpo centrale più importante, destinato alla residenza dei proprietari, da cui si ripartono due ali laterali porticate, dette barchesse, a uso agricolo (esempio Villa Badoer a Fratta Polesine), e quella a blocco centralizzato a due piani, che presenta una facciata a fronte di tempio (esempio Villa Cornaro a Piombino Dese). Queste ville collocate nelle vicinanze delle città sono l’espressione di un’armoniosa integrazione tra civiltà e natura che si esprime nel rapporto continuo tra architettura e paesaggio.

Per lei chi è il più grande architetto di sempre?
Non ho molti dubbi a riguardo: Charles Edouard Jeanneret, detto Le Corbusier.
Affascinante l’idea de IL PIANO PER UNA CITTA’ CONTEMPORANEA di tre milioni di abitanti presentato nel 1922. Al centro una piattaforma doveva fungere da aeroporto con più livelli sottostanti per il traffico delle auto, della metropolitana e dei treni regionali; attorno ventiquattro grattacieli per uffici e, più esternamente, le residenze composte da edifici a sei piani à redents, a incastro, immersi nel verde.

intervista al genio della porta accanto

28 novembre

Intervista al “genio informatico” della porta accanto.
Ivano Bettoli 45 anni, una laurea in informatica, responsabile del settore informatico dell’azienda di Società di Gestione dei Servizi Comdata
Perché una laurea in informatica?
Ero più portato per le materie di carattere scientifico e tecnico e molto meno per quelle umanistiche. Tra le prime, la preferenza sarebbe andata a Matematica; ho scelto informatica perchè reputavo fosse più "spendibile" per crearmi una professione. E comunque informatica e matematica sono "parenti" abbastanza stretti. Informatica non è infatti, come taluni pensano, soltanto imparare a smanettare con i PC.
Qual è il suo rapporto con la tecnologia?
La tecnologia è quasi superfluo notarlo, ha ormai invaso la nostra quotidianità sia domestica (ci sono computer in ogni elettrodomestico, dal forno a microonde in su), sia lavorativa, con effetti talvolta un po’ discutibili.
I computer, infatti, come diceva Spock in Star Trek "sono ottimi servi, ma non vorrei mai essere comandato da essi".
Invece ciò che si nota, purtroppo, è una tendenza a trasferire ai cervelli elettronici attività che richiedono un discernimento che ancora essi non possiedono, trascurando il fatto che il miglior elaboratore mai creato si trova dentro la scatola cranica di ciascuno di noi. Peggio ancora, anche le attività non ancora delegabili agli elaboratori, vengono comunque ridotte ad algoritmi quali quelli con i quali i computer lavorano, col presupposto che sia il sistema più economico ed efficiente. Per fare un solo esempio, in campo medico è ormai raro trovare uno specialista che non si affidi totalmente alle macchine per valutare il tuo stato di salute, invece di ricorrere alle sue mani, ai suoi occhi e alla sua esperienza.
Non mi si fraintenda: non sono nemico della tecnologia; essa è, come ho detto, un' ottima serva.
Quale crede sia il rapporto tra tecnologia la scuola?
C' è un settore dove la resistenza all' invadenza della tecnologia è ancora forte: la scuola. I programmi della scuola pubblica sono ancora in buona parte quelli di secoli fa: letteratura antica e medievale, storia antica, geometria Euclidea, trigonometria....
Ci si è dimenticati che la scuola dovrebbe servire a preparare i bambini e i giovani a capire la società dove vivono e ad affrontarne i problemi. Noi invece li prepariamo a capire e ad affrontare i problemi di società che non esistono più. La geometria euclidea serviva ai nostri antenati in quanto utile strumento per le attivita' che dovevano svolgere in prima persona come la costruzione di edifici o di utensili, cose che oggi, noi, deleghiamo a persone appositamente addestrate (che non usano più, nemmeno loro, la geometria di Euclide)
E cosa è più utile? Conoscere i problemi che hanno portato alla guerra civile tra Mario e Silla o conoscere i problemi che dovettero affrontare i primi governi dell' Italia unita, problemi che ancora oggi ci portiamo dietro?. Ed è più utile conoscere la struttura della società medievale (vassalli e valvassori e servi della gleba) o conoscere la struttura delle società di oggi (democrazia, divisione dei poteri, diritti fondamentali degli individui...).
E, per tornare all' informatica, sono più utili i congiuntivi o è più utile saper usare i mezzi di comunicazione moderni, come le reti informatiche e la posta elettronica? Se oggi tu sei costretto a farti aiutare per mandare una e-mail, sei come l' uomo di secoli fa che doveva farsi aiutare per scrivere una lettera. Gli analfabeti di oggi sono coloro che non conoscono le tecnologie di uso quotidiano.

se insegnassi matematica

25 novembre

Se fossi un insegnate di matematica:
Samek Ludovici collaboratrice dell’IRRSAE Lombardia e dell’Università degli Studi di Milano Bicocca racconta che, visitando una scuola del Conncticut, trovò scritto sulla porta di ingresso di un’aula : In times of change, learners inherit the art, while the learned find themselves beautiffully equipped to deal with a world that no longer exists. –In tempo di cambiamento coloro che continuano ad imparare erediteranno la terra, mentre coloro che si considerano arrivati, saranno meravigliosamente equipaggiati per affrontare un mondo che non esiste più-(P.S.Ludovici, E.Giordano, Laboratori in rete, FrancoAngeli, Milano 2006, pag.13). Ludovici ricorda come il dinamismo della tecnologia abbia caratterizzato l’ultimo quarto del secolo scorso come “tempo di cambiamento” e come oggi una persona sia chiamata ad apprendere nuovi linguaggi e nuove tecnologie per non essere emarginato. Diventa indispensabile l’apprendimento delle materie scientifiche per confrontarsi con la realtà, per capire, progettare, trasformare, trasformarsi. (P.Guidoni, Il bambino, la scienza, la conoscenza, Atti del Convegno “Il bambino e la scienza”, Scandicci 15-17 novembre 1984, La Nuova Italia, Scandicci 1996, pag.174-186). Credo che il compito principale di un insegnante sia quello di condurre gli allievi da una dimensione inizialmente infantile ad una dimensione adulta affinché con il tempo possa giungere ad una dimensione socialmente condivisa della conoscenza.
Quindi se fossi un insegnante di matematica dovrei possedere una conoscenza approfondita della materia d’insegnamento ed una conoscenza dei programmi ministeriali. Inoltre dovrei anche capire come stabilire e trasmettere le conoscenze agli allievi, quale l’ordine di priorità all’interno di possibili argomenti e quali fra questi siano fondamentali e quali facoltativi. Dovrei capire come dosare i tempi, in modo da dare risalto a tutti gli argomenti e permettere la loro assimilazione da parte degli studenti. Il tutto nel rispetto delle leggi che regolano la sua attività in classe e tenendo conto dello spazio in cui si svolge l’attività d’insegnamento stessa. Vorrei una classe laboratorio, dove tale espressione indica non tanto un luogo adeguatamente attrezzato per un’attività particolare, né uno spazio in cui si effettuino esperimenti di varia natura, ma un progetto complessivo basato sul cosiddetto compito di realtà, in collaborazione con insegnanti di altre materie. Una classe laboratorio in cui si sottoscrive con i ragazzi un vero e proprio contratto, nel quale ci si impegna a svolgere i compiti assunti, dove vengono distribuiti compiti e richieste. Sottoscrivendo un contratto i bambini non solo sono allievi che si impegnano liberamente in un’attività, ma divengono anche persone che si caricano di una responsabilità, coinvolgendo nel proprio atteggiamento la classe intera e gli insegnati stessi. Spostando l’attenzione da una sfera puramente individuale al rispetto di un impegno comune che richiede le abilità di tutti, affinché il prodotto finale venga realizzato davvero. In questa classe laboratorio vorrei essere non più l’unico garante e depositario del sapere, non più l’unico punto di riferimento, ma solo un adulto collaboratore che si assume le stesse responsabilità dei ragazzi nei riguardi della realizzazione del compito e si trova ad affrontare i loro stessi problemi(L.Genovese, S.Kanizsa, Manuale della gestione della classe, Franco Angeli, Milano 1994, pag.440).
Se come qualcuno afferma: fare scuola non è solo fare didattica, vorrei e dovrei prestare una costante ed integrata attenzione alle dimensioni socio-affettive e più in particolare alle relazioni affettive nella classe. Consapevole che la classe ha prevalentemente compiti di apprendimento, e che questo apprendimento è condizionato dal clima della classe, dove la presenza di una forte conflittualità non può che ostacolare l’acquisizione del sapere.
Obbiettivi del mio lavoro dovranno essere un’attenta programmazione di itinerari di lavoro in relazione agli obiettivi identificati; un’attenzione e alle caratteristiche del contesto e una progettazione che si sofferma su attività concrete. Il tutto dovrà attuarsi grazie a processi di comunicazione e di interazione.

intervista al genio informatico

20 novembre
Jerry Chih-Yuan Yang nato a Taipei il 6 novembre 1968 è un imprenditore e informatico taiwanese, naturalizzato statunitense, cofondatore, con David Filo del portale Yahoo. Nel 1994, quando il web era ancora agli albori, Yang creò una lista dei suoi siti preferiti e la chiamò "La guida di Jerry al world wide web" (Jerry's Guide to the World wide web). Dopo breve tempo si accorse che la sua guida era utilizzata in tutto il mondo. Da qui l'idea di costruire un portale dove i siti web venivano classificati in base ai contenuti.
Il 18 novembre 2008 si dimette dalla carica di amministratore delegato di Yahoo, ritornando a ricoprire la carica di direttore della strategia e della tecnologia.
Si sente un genio dell’informatica?
Ho sempre avuto un debole per l’informatica e la matematica. Credo che la matematica e l’informatica siano discipline che possono contribuire in maniera decisiva alla realizzazione di macchine in grado di prendere decisioni logiche ed al contempo di realizzare operazioni complesse. Pensate a quanto sarebbe affascinante un mondo in cui vi sono macchine pensanti capaci di affiancare l’uomo in svariate circostanze, come il calcolo, la gestione dei dati o le diverse attività intellettuali.
Quali doti bisogna avere oggi per essere un genio dell’informatica?
Ritengo sia importante una certa predisposizione sin dalla nascita per poter capire ed addentrarsi nel mondo dell’informatica. A questo si deve aggiungere preparazione ed impegno. Tuttavia per riuscire ad affermarsi nel mondo del lavoro e nel proprio campo sono necessarie qualità come l’intuizione e quella professionalità ed esperienza essenziale per emergere nel proprio campo.
Quali pensieri ha un genio dell’informatica?
Non saprei di preciso: forse si riesce ad interpretare la realtà anche attraverso il linguaggio matematico e logico. Si vede la realtà in tutta la sua complessità e si cercano quelle possibili relazioni tra uomo e macchina. Attualmente gli esseri umani e gli animali sociali hanno sviluppato un’ampia gamma di sistemi di segnalazione, così da rendere piacevole e produttiva l’interazione reciproca. Studiando l’interazione delle persone con la tecnologia, invece non sono molto soddisfatto di quello che vedo. C’è ancora molto da lavorare poiché allo stato attuale la tecnologia mi appare “asociale”: la macchina sta lì, inerte, piena di pretese. Interagisce solo per richiedere cure ed attenzione, non per dialogare con garbo. Se vogliamo che le tecnologie a base informatica diventino membri socializzati di questa società, capaci di interagire con gli umani e di fungere da supporto alle loro attività, allora dovremo far sì che aderiscano ai nostri modelli d’interazione.
Quale aspetto curioso mi può raccontare sull’informatica?
Recentemente mi hanno detto che anche gli anziani si occupano sempre di più di tecnologia. I nonni usano i software più svariati, navigano in Internet con la stessa disinvoltura dei nipoti, e come loro si cimentano con i videogame. Se fino a qualche tempo fa non ci si stupiva che all’interno di uno stesso nucleo familiare convivessero generazioni tecnologicamente diverse: telefonini cellulari e Internet da una parte, televisori e cruciverba dall’altra, oggi le cose sono radicalmente cambiate. Anziani e giovani condividono molti aspetti della vita quotidiana e, tra questi, anche la preponderante presenza della tecnologia. Non è affatto escluso che le nuove tecnologie elettroniche siano già diventate un ponte verso il futuro percorribile senza affanno dalle generazioni di ieri e da quelle di oggi.
Inoltre puzzle, rebus, scacchi e cruciverba al computer o un gioco come “Tetris” essendo spassi abbastanza statici permettono all’anziano un allenamento e un continuo aggiornamento delle funzioni cognitive come la percezione, l’attenzione, la memoria e il ragionamento.
Cosa consiglia ai giovani che vogliono intraprendere una carriera simile alla sua?
Quando chiesero al premio Nobel della fisica Feynamm se potendo tornare indietro si sarebbe nuovamente dedicato alla fisica rispose: <>. Credo che valga lo stesso concetto per l’informatica.

Articolo tratto da Repubblica 18.11.2008
Jerry Jang lascia il timone di Yahoo! Pesa il suo no sul mancato accordo con Microsoft. Jerry Yang resterà in carica fino a quando non sarà individuato un sostituto e comunque rimarrà nel CDA della società. A questo punto è molto probabile che il suo successore avrà il duro compito di provare a riaprire la trattativa con Microsoft.
Il co-fondatore di Yahoo! Jerry Yang si è dimesso dall'incarico di amministratore delegato del colosso di Internet. La decisione è stata annunciata dopo le pesanti critiche ricevute dagli azionisti per aver respinto la proposta di acquisizione da 47,5 miliardi di dollari da parte di Microsoft. Una querelle che iniziata a febbraio si è poi conclusa nel mese di maggio con un secco no da parte di Yahoo!, anche grazie alla dura opposizione da parte di Jerry Yang.
In un comunicato diffuso da Yahoo! si precisa che il quarantenne amministratore delegato resterà in carica fino a quando non sarà individuato un sostituto all'altezza e dopo rimarrà comunque nel CDA della società. A questo punto è molto probabile che il suo successore avrà il duro compito di provare a riaprire la trattativa con Microsoft.
Dopo la risposta negativa di Yang e il ritiro dell'offerta, le azioni di Yahoo! sono scese al livello del 2003. Un ulteriore colpo al ribasso è venuto a inizio novembre, sulla scia della notizia del mancato accordo di partnership sulla pubblicità con Google, bocciato dall'antitrust USA.

storia della matematica in India

17 novembre

Storia della matematica in India
(Da Wikipedia, l'enciclopedia libera).

Le prime nozioni matematiche che ci sono giunte dall'antica India risalgono al periodo 3000 a.C. - 2600 a.C., prevalentemente nell'India settentrionale e nel Pakistan. Furono sviluppati un sistema di pesi e misure uniformi il quale si serviva di frazioni decimali, una tecnologia dei mattoni sorprendentemente avanzata che utilizzava i rapporti di strade disposte secondo perfetti angoli retti e di una enorme varietà di forme e figure geometriche (parallelepipedo rettangolo, botte, cono, cilindro e figure di cerchi e triangoli concentrici ed intersecati). Tra gli strumenti matematici scoperti vi sono una accurata riga con suddivisioni decimali precise e ravvicinate, uno strumento a conchiglia che serviva da compasso per misurare angoli sulle superfici piane secondo multipli di 40 – 360 gradi e uno strumento per la misura delle posizioni delle stelle per la navigazione.
La scrittura dell'Indo non è ancora stata decifrata; quindi si conosce ben poco delle forme scritte della Matematica indiana. L'evidenza archeologica ha condotto alcuni storici a credere che questa civiltà usasse un sistema di numerazione in base 8 e possedesse la nozione del rapporto fra lunghezza della circonferenza di un cerchio e del suo diametro, cioè un valore di π.
Matematica dell'antica India (900 a.C. - 200) .
Dopo il collasso della Civiltà della valle dell'Indo nel 1500 a.C., la scrittura scomparve dall'Asia meridionale per lungo tempo. Sono assai controverse le date nelle quali la pratica dello scrivere riemerse nell'India e in cui la scrittura Brahmi fu sviluppata. Recenti evidenze archeologiche la datano intorno al 600 a.C., mentre alcuni studiosi propongono anche il 1000 a.C.. Se le date più lontane sono corrette, forse Pitagora visitò l'India come sostenuto alcuni storici (Florian Cajori) altrimenti la matematica indiana può aver beneficiato del contatto con il mondo greco in seguito alla invasione di Alessandro magno. È anche possibile (come sostenuto dalla maggioranza degli studiosi) che le due tradizioni matematiche si siano sviluppate indipendentemente.
Nell'era vedica la matematica non era studiata solo per scopi scientifici, ma si incontrano esposizioni matematiche avanzate diffuse in tutto il grande corpo dei testi indiani di questo periodo. La Yajur-Veda composta dal 900 a.C., per prima affronta il concetto di infinità numerica. Yajnavalkya (900-800 a.C. circa) calcolò il valore di π con 2 cifre decimali. Le Sulba Sutras (800-600 a.C. circa) sono testi di geometria che usano numeri irrazionali, numeri primi, la regola del tre e radici cubiche; calcolano la radice quadrata di 2 con 5 cifre decimali, danno un metodo per la quadratura del cerchio, risolvono equazioni lineari ed equazioni quadratiche, determinano algebricamente terne pitagoriche e danno un enunciato e una dimostrazione numerica del teorema di Pitagora.
Pingala (IV secolo a.C.-III secolo a.C.) inventò un sistema binario, studiò quelli che in seguito verranno definiti la sequenza di Fibonacci e il triangolo di Pascal; inoltre formulò la definizione di matrice. Tra il IV secolo a.C. ed il III secolo d.C. i matematici indiani cominciarono ad impostare i loro studi in una prospettiva unicamente speculativa. Furono i primi a sviluppare ricerche su teoria degli insiemi, logaritmi, equazioni di terzo grado, equazioni di quarto grado, serie e successioni, permutazioni e combinazioni, estrazione di radici quadrate, potenze finite e infinite. Il Manoscritto Bakshali, composto tra il III secolo a.C. ed il III secolo d.C., include soluzioni di equazioni lineari con più di cinque incognite, la soluzione di equazioni quadratiche, geometriche, sistemi di equazioni, l'uso del numero zero e i numeri negativi. Vi si trovano anche accurati algoritmi per il calcolo di numeri irrazionali.
Matematica indiana classica (400 – 1500).
Il Surya Siddhanta scritto circa nel 400 introduceva le funzioni trigonometriche del seno coseno e le loro inverse. Gli indiani si occuparono anche di astronomia riuscendo a compilare precise tavole astronomiche che descrivevano il movimento apparente degli astri in cielo. Calcolarono l'anno siderale in 365.2563627 giorni, un valore inferiore di 1,4 secondi a quello accettato al giorno d'oggi. Questi lavori, durante il medioevo, furono tradotti in Arabo e in Latino. Nel 499 Aryabhata introdusse il senoverso e compilò le prime tavole trigonometriche. Sviluppò tecniche e algoritmi per l'algebra, e per le equazioni diofantee usando nell'ultimo caso un metodo equivalente a quello attuale. Calcolò il valore di π con quattro cifre decimali. Nel VII secolo invece Brahmagupta (598– 668) scoprì il l'identità e la formula che portano il suo nome e per primo nel Brahma-sphuta-siddhanta usò senza riserve lo 0 e il sistema decimale. È da una traduzione del testo che i matematici arabi accettarono il sistema decimale. Nel XII secolo, Bhaskara (1114 – 1185) concepì dei metodi molto vicini al calcolo differenziale introducendo concetti simili alla derivata. Provò anche un equivalente del Teorema di Rolle e studiò l'equazione di Pell. Dal XIV secolo Madhava e altri matematici svilupparono i concetti di analisi matematica, di virgola mobile e utilizzarono metodi iterativi per la soluzione delle equazioni non lineari. Svilupparono poi teoremi e algoritmi molto simili all'attuale integrazione termine a termine al teorema del valor medio, alle serie di Taylor e alle serie trigonometriche.
Nel XVI secolo per la matematica indiana, anche per via di un periodo di forte instabilità politica, iniziò il declino.

l'india e la matematica

I risultati di varie esperienze ed osservazioni hanno messo in evidenza l’impatto di un insieme di fattori –in particolare la lingua, i comportamenti famigliari, la pedagogia- ma le nostre conoscenze attuali non permettono ancora di determinare il peso rispettivo di questi fattori e le loro eventuali interazioni. I diversi risultati ottenuti hanno portato ad interrogarsi sulle capacità matematiche degli esseri umani, e poi su quelle di altre specie. Negli ultimi vent’anni si sono moltiplicati i lavori sulle capacità aritmetiche di base degli adulti e dei bambini e sui processi cognitivi che intervengono durante lo sviluppo per metterle in moto. Per esempio è stato studiato come si effettuano le addizioni semplici, da quali fattori dipendono l’esattezza e la velocità della loro soluzione, quali sono gli errori più comuni, quando e come bambini finiscono per impararle. Il risultato di questi studi è un’affascinante miscela di influenze culturali e di fattoti (probabilmente) biologici .

IV) Il sorpasso dei bambini asiatici.
I bambini acquisiscono in primo luogo la sequenza dei numeri (uno, due, tre e così via) propria della loro lingua e della loro cultura. Questo apprendimento solleva problemi specifici, che risultano evidenti effettuando un confronto tra i sistemi linguistici asiatici e quelli occidentali.
Fino all’età di tre anni, alla richiesta di contare verbalmente fino al numero massimo possibile, le prestazioni dei bambini asiatici sono equivalenti a quelli dei bambini americani o italiani. In realtà, sia gli uni che gli altri devono memorizzare la sequenza dei primi nomi dei numeri (da uno a dieci).
Ma a quattro, e poi a cinque anni, si apre un divario tra i bambini asiatici, le cui prestazioni migliorano molto rapidamente, ed i bambini occidentali, che progrediscono molto più lentamente. Questo è dovuto alle caratteristiche dei sistemi verbali di numerazione: ad esempio quelli dei cinesi o dei coreani rendono molto evidente l’impiego della base dieci (si dice dieci-uno per undici; dieci-cinque per quindici; tre-dieci-otto per trentotto) mentre nei sistemi occidentali questo appare solamente più avanti nella catena verbale (diciassette in italiano). I bambini francesi, poi, si trovano in una situazione ancora più delicata, a causa dell’esistenza delle decine complesse: sessanta-dieci (in italiano settanta), quattro-venti (ottanta) e quattro-venti-dieci (novanta): una complessità che ritarda l’apprendimento e provoca errori. L’acquisizione della sequenza dei nomi dei numeri ha una influenza diretta sulla capacità di gestire mentalmente le quantità, perché permette di richiamare i numeri, combinarli, memorizzarli. Essa dipende, come abbiamo visto, dalle caratteristiche del sistema proprio di ogni lingua e solleva problemi specifici legati, per esempio, alla regolarità e alla sistematicità della costruzione dei nomi dei numeri complessi. Inoltre, questo tipo di acquisizione spiega almeno in parte le differenza nelle prestazioni osservate prima della scolarizzazione tra i bambini asiatici e occidentali. Fino a tre anni, i bambini cinesi e i bambini americani sanno contare fino a nove o dieci, ma a quattro anni la situazione cambia radicalmente: i piccoli cinesi imparano a contare fino a cinquanta, mentre gli americani arrivano soltanto fino a quindici. Questo spiega anche perché i bambini asiatici imparano più facilmente a scrivere i numeri in cifre arabe (12, 25, 43…) rispetto ai bambini occidentali. Semplicemente perché ritrovano nel codice indoarabo una organizzazione in base 10 (10, 11, 12, 13…) che i loro coetanei occidentali non possono percepire altrettanto facilmente e precocemente nelle loro denominazioni di quantità complesse.
Gli studi sullo sviluppo dei bambini durante la scuola elementare mostrano che i bambini asiatici usano le stesse strategie di soluzione delle operazioni dei bambini occidentali. Tuttavia, la distribuzione di queste strategie si differenzia molto presto: i bambini asiatici ricorrono più rapidamente alle strategie più evolute, perché hanno più memoria libera per impararle, dato che la memoria è poco sollecitata dal numero stesso. Prendiamo il caso che si debba memorizzare sette per otto uguale a cinquantasei. Anche se la cifra sette può sembrare corta da pronunciare, in realtà, da un punto di vista fonologico, è abbastanza lungo.
La lentezza della pronuncia limita le risorse di attenzione disponibili ai bambini occidentali, per cui la pronuncia della frase sette per otto uguale a cinquantasei è più lunga, e quindi più difficile da memorizzare. Di conseguenza i bambini occidentali memorizzano meno facilmente i risultati delle operazioni. Le proprietà della lingua cinese, dei nomi dei numeri e del fatto che sono costruiti in accordo con la base dieci, favoriscono le prestazioni numeriche.
Per colmare il divario dei paesi occidentali, è stato ideato un metodo per insegnare la numerazione come se si contasse in cinese: si direbbe dieci-uno invece di undici, dieci-due invece di dodici e via dicendo. Generalizzare questo approccio potrebbe essere interessante.
Gli aspetti culturali legati alle caratteristiche delle lingue e dei modi di denominazione delle quantità contribuiscono precocemente a creare delle differenze nelle prestazioni che si manifestano prima della scolarizzazione. Queste differenze nascono dalle conoscenze implicite che i bambini acquisiscono grazie alle interazioni quotidiane, e che hanno una influenza notevole sugli apprendimenti successivi: Per esempio quello della numerazione scritta con le cifre arabe o quello delle operazioni aritmetiche. La cultura ed i sistemi verbali della numerazione influiscono sull’età delle primi operazioni e sull’efficacia con cui sono calcolate .



V) Valorizzare la matematica
Si può notare che la memorizzane dell’insieme delle tavole di addizione e di moltiplicazione non è perfetta nella maggior parte dei bambini e nemmeno negli adulti. Le grandi addizioni per esempio 7 + 8, sono spesso calcolate contando, sono soggette ad errore e sono relativamente lunghe da effettuare. Perché la memorizzazione si effettui per intero è senza dubbio necessario che la scuola lo imponga, lo valorizzi e ne assicuri la pratica. Questo investimento ha un costo: i paesi asiatici hanno una cultura che valorizza l’aritmetica, mentre in Francia e in Italia l’aritmetica non è oggetto della stessa attenzione nell’educazione dei bambini , né nella vita di tutti i giorni né a scuola. L’Estremo Oriente rappresenta la cultura del contare bene, ma questo non dipende assolutamente da presunte differenze biologiche tra asiatici ed europei. Tutti hanno lo stesso cervello. Prima ancora di saper parlare, i neonati sono dotati delle stesse capacità di individuare e discriminare le piccole quantità fino a tre, e in particolar modo le differenze sono associate a variazioni di lunghezza o di volume. Inoltre i neonati sono capaci di distinguere anche quantità più grandi, a condizione che le condizioni siano sufficientemente marcate. Perché tutto cambia nel momento in cui iniziamo a parlare? Perché le parole delle lingue asiatiche che designano i numeri sono più adatte al sistema decimale e sono più rapide da pronunciare, cosa che libera dello spazio nella memoria per effettuare delle operazioni. Ma, soprattutto, la società e le scuole asiatiche valorizzano di più la matematica, l’aritmetica, consacrandole più tempo e attenzione, cosa che contribuisce, verosimilmente, in nostro sfavore, alla situazione attuale .

VII) Il sistema di numerazione indiano.
Furono forse i matematici indiani a rendersi conto della applicabilità del "valore locale" o di posizione alla notazione decimale per i numeri interi. Lo sviluppo della notazione numerica sembra aver seguito in India lo stesso schema che si riscontra in Grecia. Le iscrizioni del periodo più antico mostrano dapprima semplici trattini verticali, disposti a gruppi; nel III secolo a.C., però, era già in uso un sistema simile a quello attico. Nel nuovo schema si continuava ad usare il principio ripetitivo, ma venivano adottati nuovi simboli di ordine superiore per indicare quattro, dieci, venti e cento. Questa scrittura, detta Karosthi, venne gradatamente sostituita da un'altra notazione, nota come notazione in caratteri Brahmi, che presentava un'analogia con la notazione alfabetica delle cifre del sistema ionico dei greci. Per passare dalle cifre in caratteri Brahmi all'attuale notazione per i numeri interi sono necessari due passi. Il primo è il riconoscimento che, attraverso l'uso del principio posizionale, le cifre indicanti le prime nove unità sono sufficienti per descrivere anche i corrispondenti multipli di dieci e ogni sua potenza. Non si sa quando sia avvenuta la riduzione a nove cifre; è probabile che tale transizione sia avvenuta in modo graduale. Va notato che il riferimento a nove cifre, anziché a dieci, implica che gli indiani non avevano ancora fatto il secondo passo verso il sistema moderno di numerazione, ossia l'introduzione di un simbolo per lo zero. Pare che la prima comparsa di uno zero in India si trovi in una iscrizione dell'876, cioè oltre due secoli dopo il primo riferimento alle altre nove cifre. E' probabile che lo zero abbia avuto origine nel mondo greco e sia stato trasmesso all'India dopo che vi si era consolidato il sistema posizionale decimale. La storia del simbolo per lo zero nella notazione posizionale è ulteriormente complicata dal fatto che il concetto di zero fece la sua comparsa indipendentemente, molto prima di Colombo, tanto nell'emisfero occidentale quanto in quello orientale (si consideri, per esempio, il sistema di numerazione dei maya).
Con l'introduzione, nella notazione indiana, di un segno rotondo a forma di uovo per indicare lo zero, veniva completato il moderno sistema di numerazione per gli interi. Anche se l'aspetto delle dieci cifre era molto diverso da quello attuale, i princìpi di base (base decimale, notazione posizionale e simboli diversi per le dieci cifre) erano comunque acquisiti. Nessuno di questi princìpi venne originariamente inventato dagli indiani, ma va loro riconosciuto il merito di averli, per la prima volta, collegati.

VIII) Non sai risolvere un problema? Chiama il matematico indiano
A Bangalore c’è un gigantesco ufficio dove per 99 dollari al mese i professionisti dell’algebra risolvono equazioni per gli studenti occidentali . Bangalore - Kenneth è convinto che la matematica sia un’opinione: i conti non tornano mai. Non è davvero colpa sua, i numeri non amano i bambini, soprattutto quelli normali, i figli dell’Occidente. Il maestro ci prova, spiega le leggi dell’aritmetica e dell’algebra, gioca con le tabelline. Il risultato è che Kenneth prende sempre insufficiente. Che fare? La soluzione la trova il padre camionista. Serve un matematico, ma le ripetizioni private costano una fortuna: cinquecento dollari al mese. L’ultima speranza è a est. L’India è la risposta. Tutor Vista è l’internet company fondata due anni fa da Krishnan Ganesh, è una società di tutoring on line, che conta già dieci mila clienti negli Stati Uniti e mille nel Regno Unito. «Il nostro obiettivo è diventare parte del budget mensile di un milione di famiglie», dice Ganesh. Per il progetto ha raccolto più di 15 milioni di dollari e i finanziamenti arrivano da Sequoia Capital India, Lightspeed Venture Partners e la Silicon Valley Bank. Al momento TutorVista impiega 760 persone di cui 600 tutor indiani, ma punta a raddoppiare il numero di dipendenti entro l’anno. Il suo segreto, secondo gli analisti, sta soprattutto nel prezzo. Mentre le altre società del settore chiedono dai 20 ai 60 dollari all’ora, Ganesh offre lezioni personalizzate da 45 minuti ciascuna per 99,99 dollari al mese, e i primi 30 giorni di tutoring sono in offerta speciale a 49,99 dollari. E i consumatori sono soddisfatti. «È incredibile ma funziona, ha commentato il padre di Kennet. Dopo un anno con Tutor Vista mio figlio ha finalmente migliorato i propri voti e anche i punteggi nei test scolastici».
IX) Simpu, 8anni, genio della matematica .
Il cuore della matematica abita a Bangalore. Come un gigantesco call center dove per 99 dollari al mese un esercito di professionisti del calcolo risponde alle telefonate che arrivano dall’altra parte del mondo 24 ore su 24, ascolta il problema e snocciola soluzioni. È il sogno di tutti gli studenti che hanno maledetto la matematica. I tutor sono circa 600. Il tutor di Kenneth si chiama Ramya Tadiconda, ha 26 anni e da grande vorrebbe diventare un fisico nucleare. Qui, nel cuore antico dell’Asia, i numeri scorrono nel Dna. Basta ricordare l’epopea di Ramanujan, il più geniale matematico che il Novecento abbia mai visto passare. È morto a solo 33 anni, ma ha lasciato il segno. È stato un Mozart dell’analisi matematica. Ha lasciato una serie di taccuini zeppi di formule e ancora ci si chiede come abbia potuto scoprirle senza poterne dare vere dimostrazioni. Sono stati gli altri, quelli venuti dopo di lui, a dimostrare che aveva ragione. Si racconta che l’inglese Hardy chiese a Ramanujan, malato di tubercolosi nell’ospedale di Putney: «Il numero del mio taxi è il 1729, sembra un numero alquanto stupido». Il genio di Madras rispose: «No Hardy, ti sbagli. È un numero molto interessante. È il più piccolo esprimibile come somma di due cubi in due diversi modi: 1729=103 e 1729=123+13». Hardy insegnava matematica a Cambridge, Ramanujan, poverissimo e con una moglie da mantenere, lavorava come impiegato al porto con uno stipendio di 20 sterline l’anno.
La storia si ripete, con gli studenti del ricco Occidente che inviano al tutor indiano l’esercizio e, tra una partita alla playstation e un’abbuffata di tv, aspettano la soluzione. È l’effetto della globalizzazione, i vantaggi della rete, di internet, l’importanza di avere una webcam per annullare le distanze.
Un giorno qualcuno di loro rischia di imbattersi nel piccolo Simpu, un ragazzino indiano di otto anni che strabilia il mondo con le sue capacità di calcolo. Il suo talento è stato svelato, quasi per caso, da un gruppo di matematici dell’Indian Institute of Technology. Era scappato di casa e viveva di espedienti, sotto i ponti o nelle stazioni ferroviarie. Si guadagnava qualcosa cantando e chiedendo l’elemosina. «Mio padre mi picchiava - racconta - così sono scappato di casa. Con le canzoni guadagnavo 90 rupie al giorno (circa un euro e ottanta) e almeno 70 le spendevo per la droga».
I matematici che l’hanno scoperto - insieme a un gruppo di altri 300 bambini poveri e semiabbandonati - vogliono dimostrare la predisposizione genetica degli indiani alla legge dei numeri. Questo Paese vanta dopotutto il maggior numero di premi Nobel in campo matematico-scientifico. Lo sa bene anche Krishnan Ganesh. La sua intuizione nasce da un semplice ragionamento. In America e in Inghilterra ci sono tanti studenti, con soldi, che odiano la matematica. In India il talento abbonda, mancano i soldi. Basta connettere i due mondi e non dare troppo peso al fuso orario. In questa storia chi ci guadagna più di tutti è l’intermediario, quello che ha tracciato una rotta da Est a Ovest.

india

15 novembre


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“La speranza India”
F.Rampini, 2007


I) L’India:forza demografica e istruzione scientifica
Quello descritto da Pasolini nel 1961, nel diario di viaggio, era un paese immobile, impotente, un continente dal quale era necessario emigrare per trovare lavoro, condizioni di vita migliori ed un futuro.
Ma Pasolini si sbagliava: e non poteva nemmeno immaginare che quel paese, nell’arco di pochi decenni, si sarebbe trasformato nel luogo dove si sta affermando una nuova modernità, a cui l’Occidente guarda con stupore, incredulità e ammirazione. E’ ormai certo che entro vent’anni si piazzerà nel ristretto vertice delle economie mondiali insieme a Cina, Stati Uniti e Brasile .
Quali i segreti di questo successo.
Il 70% dei suoi abitanti ha meno di 35 anni e si stima che, nel 2050, quando il nostro pianeta avrà raggiunto i 9,5 miliardi di individui, per quella data la più grossa parte dell’aumento della popolazione mondiale sarà concentrato in India. Inoltre fra qualche decennio l’India sarà l’unica superpotenza popolata da giovani e giovanissimi.
Tutti concordano nell’affermare che lo spostamento del potere è dagli Stati Uniti verso <>.
Lo scenario elaborato dalla Banca Goldman Sachs e presentato al vertice dei Vip dell’economia globale, che si riunisce ogni anno in Svizzera, mostra che il prodotto interno lordo della Cina nel 2035 sorpasserà quella degli Stati Uniti. Competitività, forza demografica giocano in favore dell’Asia. Se il declino Occidentale sembra cosa certa, una nuova sfida tra Cina ed India si prefigura per il primato mondiale. Inizialmente dovrebbe prevalere Pechino ma la politica cinese di controllo delle nascite avrà con il passare del tempo un costo notevole, che condurrà in meno di vent’ anni la popolazione cinese ad essere più vecchia di quella americana. La Cina pur risparmiando il 25% del suo Prodotto interno lordo ed accumulando più di milleduecento miliardi di dollari di riserve valutarie per prepararsi allo shoc economico dell’invecchiamento, e dover investire risorse crescenti nel sistema previdenziale, Pechino sa che sarà superata dall’India perché la forza lavoro indiana sarà ancora nel fiore della giovinezza .
Una popolazione giovane che permetterà all’India di superare non solo la Cina ma anche il Brasile; l’India ha con i suoi duecento milioni di giovani, fra i 15 e i 24 anni di età, più dell’intera popolazione del Brasile. Una sovrabbondanza di giovani competitivi, motivati, entusiasti e carichi di ottimismo sul loro avvenire; un’arma che si sta rivelando vincente .
L’altro punto di forza dell’India sono le sue Università. Le undicimila università sfornano due milioni di laureati all’anno, oltre duecentomila ingegneri; eccellenza mondiale nell’informatica e nel software; laboratori modernissimi nella biogenetica.

II) Formazione scientifica in India: in Italia dobbiamo imparare dal modello indiano
In Italia l’attuale ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini ha definito il pessimo livello di apprendimento della matematica come una autentica emergenza didattica. Molti si domandano perché gli studenti italiani delle scuole superiori hanno concluso l’anno scolastico 2007-2008 con un debito in matematica.
Qual è il futuro dei giovani italiani? Non vi è dubbio: dobbiamo imparare dal modello indiano. Infatti due colossi americani come General Electric e Cisco hanno stabilito a Bangalore -in India- i loro centri di ricerca nei settori della scienza e della tecnologia. Sono i giovani ingegneri indiani a progettare i raffinati sistemi di navigazione dei Boeing e Airbus sui quali voliamo. Inoltre sempre in India i giovani ricercatori scoprono nuove cure per conto delle maggiori multinazionali farmaceutiche.
Il professore indiano Vivek Wadhwa, che insegna alla Pratt Schol of Engineering e alla Harvard law Scool, e residente negli Stati Uniti, che ha condotto un’indagine “Come il discepolo è diventato il maestro, How the Disciple Became the Guru” sulla formazione scientifica in India, rivela che la qualità media
dell’ istruzione in India pur rimanendo modesta ha anche punte di eccellenza.
Infatti nel paese indiano ogni anno si laureano più di 200 mila ingegneri.
I veri “cervelloni” indiani con una competenza matematico-scientifica eccelsa sono probabilmente quei 17 mila che raggiungono ogni anno il master, più i 900 che ottengono il PhD. Ovvero gli studenti che frequentano i 5 Institutes of Technology, i celebri politecnici indiani di livello mondiale, comparabili al Mit di Boston.
Per Vivek Wadhwa il successo del segreto indiano sta nelle imprese, che permettono ai giovani di colmare le lacune nella loro formazione. Un esempio è l’azienda informatica Infosys che, nel suo Global Education Centre di Mysore, istruisce 13.500 nuovi assunti alla volta, con programmi che durano 16 settimane.

Oppure l’azienda Tata Consultancy Services che promuove corsi di formazione interni della durata di sette mesi .

III) L’indagine dell’ Ocse.
L’indagine dell’ Ocse, che misura la conoscenza scientifica degli studenti, (il celebre rapporto Pisa, cioè Programme for Internazionel Student Assessment) dimostra che Finlandia, Corea, Cina sono in testa alla classifica mondiale, con punteggi che si attestano tra 548 e 547. Nei paesi asiatici non sembra nemmeno di casa l’indulgenza scolastica: la meritocrazia è un principio indiscusso. Chi ha messo piede in una università o in una scuola asiatica sa che in quei luoghi regna la disciplina, il rigore, il rispetto dell’autorità, la venerazione del sapere. E questo, non perché tutti gli insegnanti cinesi od indiani siano premi Nobel, ma perché tutti concordano nel ritenere che il sistema funziona solo nel rispetto dele regole .
In un articolo, il professore Michel Fayol, direttore del Laboratorio di psicologia sociale e cognitiva all’Università di Clermont-Ferrand, ricorda come è più di quarant’anni che le valutazioni internazionali mettono sistematicamente in evidenza la superiorità degli scolari asiatici su quelli occidentali nel rendimento in matematica.

ancora kolam

Linguaggi a figure
Le figure kolam raggruppate in famiglie hanno attratto in particolare l’interesse degli studiosi di informatica teorica che si occupano dell’analisi e della descrizione di immagini attraverso l’uso di
linguaggi a figure, i quali utilizzano insiemi di unità di base e regole specifiche, formali, per combinarle. Lo studio dei linguaggi a figure è strettamente imparentato con la teoria formale del linguaggio, un settore di ricerca inaugurato 45 anni fa con lo studio dei linguaggi naturali da parte di Noam Chomsky. Nei decenni successivi, gli informatici hanno utilizzato la teoria formale del linguaggio nell’analisi e nella specificazione dei linguaggi di programmazione. Gift Siromoney del Madras Christian College del Tamil Nadu fu il primo a introdurre l’uso di disegni kolam nello studio dei linguaggi a figure. Un volume commemorativo edito nel 1989 comprende una bibliografia di oltre 100 pubblicazioni di Siromoney, che mostrano come per tutta la vita egli abbia combinato i suoi interessi accademici con un profondo apprezzamento della storia e della cultura
del Tamil Nadu. Per Siromoney, che collaborava con sua moglie Rani, e per altri informatici, in particolare Kamala Krithivasan e K. G. Subramanian, i disegni kolam divennero una ricca fonte di immagini che potevano essere usate come esempi di alcuni tipi esistenti di linguaggi a figure, nonché servire da impulso per la creazione di nuovi tipi di linguaggi.
Altri informatici, oltre al gruppo di Madras, si sono serviti dei linguaggi a figure per descrivere le famiglie di kolam.
I linguaggi che si utilizzano per produrre solo alcune famiglie di kolam. Un esempio di rudimentale linguaggio formale che genera stringhe di simboli e vediamo come queste stringhe
possano essere tradotte in figure. Diciamo che gli unici simboli del nostro linguaggio siano A, B e C e che la stringa di partenza sia ABAA. Le nostre regole per creare una nuova stringa di simboli
da una precedente saranno: B→AC, A→B, C→CC. Ci riferiamo alle stringhe che risultano
dall’applicazione di queste regole di riscrittura alla stringa precedente come«esiti». Pertanto, se la stringa di partenza è ABAA, il primo esito sarà BACBB, il secondo esito sarà ACBCCACAC, e il terzo BCCACCCCCBCCBCC. Le regole di riscrittura possono continuare a generare esiti indefinitamente. A ogni stadio, le tre regole sono applicate simultaneamente - ossia in parallelo - anziché sequenzialmente, cosicché, per esempio, la A e la C introdotte in uno stadio applicando
la regola B→AC rimangono inva riate fino a uno stadio successivo. Questa è una caratteristica di un linguaggio di Lindenmayer o L-linguaggio, che prende il nome da Aristid Lindenmayer,
un biologo interessato a costruire modelli della crescita delle piante. Quello del nostro esempio è un L-linguaggio acontestuale deterministico. È acontestuale perché il destino di ogni simbolo è
considerato singolarmente, senza riferimento ai simboli vicini, e deterministico perché per ogni simbolo c’è solo una possibile regola di riscrittura. Ora il problema è come creare una figura
partendo da una stringa di simboli. Przemsylaw Prusinkiewicz, uno studioso particolarmente noto per le applicazioni degli L-sistemi alla computer grafica, ha messo a punto tecniche che si servono di simboli interpretati come «comandi della tartaruga». Questo tipo di grafica venne
ideato negli anni sessanta da Seymour Papert, che lo concepì per stimolare l’immaginazione dei bambini attraverso l’uso del computer. L’idea è che una tartaruga possa creare un’immagine trascinando la coda; se la solleva, il disegno che si ottiene è discontinuo. La tartaruga
non gode di un punto di vista generale, ma può creare disegni complessi comprendendo
ed eseguendo una serie limitata di comandi che le vengono trasmessi mediante un insieme di simboli. Questi comandi includono:
F : Muovi in avanti di un passo mentre disegni una linea.
f : Muovi in avanti di un passo senza disegnare una linea.
+ : Ruota a sinistra (in senso antiorario) di un angolo di d gradi.
–: Ruota a destra (in senso orario) di un angolo di d gradi.
Ciascun disegno deve iniziare specificando la direzione della tartaruga e l’angolo d, che rimane fisso per tutta l’operazione. Ogni mossa comincia nel punto e nella direzione dove è terminata la
precedente. Come esempio, un L-linguaggio acontestuale deterministico che segua l’interpretazione della tartaruga può riprodurre la famiglia del Serpente delle figure kolam. Un kolam di questa famiglia viene disegnato in maniera continua e termina dove è iniziato, ma differisce da molti altri kolam in quanto la sua realizzazione non parte da una matrice di punti. L’interpretazione della tartaruga utilizza linee rette e genera una versione angolosa del disegno, sebbene l’introduzione di tecniche di data fitting possa produrre una curva liscia. In ogni caso, un linguaggio che descrive il Serpente angoloso inizia definendo d pari a 45 gradi e usa come stringa di partenza B– –F– –B– –F. La tartaruga considera sempre che B significhi F+F+F– –F¬- –F+F+F, e la regola di riscrittura per generare figure a Serpente più complesse è B→B+F+B– –F– –B+F+B. Successive
applicazioni della regola di riscrittura fanno sì che la figura cresca esponenzialmente.
Il più complesso kolam a Serpente fra quelli raffigurati è una versione «lisciata» di quello che sarebbe il terzo esito. Se a ogni esito dovessimo ridurre la grandezza del passo della tartaruga
in modo tale che i disegni successivi stiano sempre in un quadrato avente lo stesso lato, e dovessimo continuare il procedimento a tempo indefinito, otterremmo a sorpresa una variante di un frattale che riempie lo spazio senza intersecare se stesso, noto come «curva di Sierpinski» dal nome del matematico che lo descrisse nel 1912. Un L-linguaggio acontestuale deterministico è stato usato anche per descrivere un’altra famiglia di kolam: le Cavigliere di Krishna. Come accade nella famiglia del Serpente, i membri di quella delle Cavigliere di Krishna sono derivati ricorsivamente l’uno dall’altro e crescono in maniera esponenziale. Il gruppo di informatici di Madras è riuscito a ottenere versioni non angolose delle figure kolam utilizzando «mosse kolam», anziché le lineari mosse della tartaruga, per disegnare curve e anelli lisci. Questi ricercatori hanno definito sette mosse kolam basandosi sulle descrizioni delleazioni di donne tamil fatte da loro stesse.
Per ottenere le Cavigliere di Krishna servono solo tre delle mosse kolam: F : Muovi in avanti mentre disegni una linea.
R1 : Muovi in avanti mentre fai un mezzo giro a destra.
R2 : Muovi in avanti mentre fai un anello completo a destra.
Un linguaggio che produce le Cavigliere di Krishna prende inizio con la stringa R1FR2FR2FR2FR1 e ha le seguenti regole di riscrittura: R1→R1FR2FR1 e R2→R1FR2FR2FR2FR1. Come accade
per il kolam a Serpente, dove ogni applicazione della regola di riscrittura sostituisce ciascun braccio della croce con una nuova croce a quattro bracci, si possono produrre Cavigliere di Krishna via via più intricate sostituendo ciascuna «foglietta» con un insieme di quattro fogliette.
In diverse famiglie di kolam l’accrescimento
si compie in modo simile.

kolam

7 novembre
L’uomo è confinato nei limiti angusti del corpo,
come in una prigione, ma la matematica lo libera,
e lo rende più grande dell’intero universo.
Sballottato qua e là, senza meta, dalla tempesta
delle passioni, la matematica gli restituisce
la pace interiore, risolvendo armoniosamente
i moti opposti dell’anima, e riconducendola,
sotto la guida della ragione, all’accordo e all’armonia.

Un tipo particolare di disegni in uso nell’India meridionale esprime concetti matematici e ha attratto
l’attenzione degli studiosi di scienza dei calcolatori.
E’ tradizione nel Tamil Nadu, in India meridionale, che le donne ogni mattina spazzino la soglia di
casa, la cospargano di una soluzione di acqua e sterco di vacca e ricoprano l’area con elaborate
figure simmetriche, tracciate usando polvere di riso. Depositano quest’ultima facendola scendere
fra il dito medio e l’indice e usando il pollice per regolarne il flusso. Secondo la tradizione, lo sterco di vacca pulisce e purifica il terreno e lo spargimento della polvere di riso fa iniziare la giornata con un atto di generosità, in quanto fornisce cibo alle formiche e ad altri insetti. Le ragazze imparano
il rituale kolam dalle loro parenti più anziane, e l’abilità in questa pratica è considerata un segno di grazia e una dimostrazione di destrezza, disciplina mentale e capacità di concentrazione.
I disegni kolam che appaiono ogni giorno sulle soglie delle case del Tamil Nadu sono rimarchevoli sotto molteplici aspetti. Al di là del loro significato nella cultura tamil, sono un esempio inconsueto dell’espressione di concetti matematici in un ambito culturale. Inoltre, in anni recenti, le figure kolam hanno attratto l’attenzione degli informatici interessati all’analisi e alla descrizione di immagini mediante linguaggi grafici. Le ricerche si concentrano sull’indagine delle diverse espressioni dei concetti matematici in vari ambiti culturali. Simili studi sono complementari a quelli che si occupano dell’evoluzione della matematica moderna, e riguardano tradizioni orali e culture
che non sono normalmente considerate parte della scienza matematica. La definizione orientativa di concetti matematici è che si tratti di quelli che riguardano numeri, logica, configurazioni
spaziali e soprattutto la loro organizzazione in sistemi e strutture. Di particolare interesse sono i casi in cui questi concetti sono visti dalle stesse persone che li utilizzano come conoscenze importanti da imparare e trasmettere con cura. Negli ultimi 700 anni sono esistite sulla Terra almeno 6000 culture differenti (se si definiscono le culture come comunità linguistiche mutuamente esclusive). La ricerca di concetti matematici facenti parte di tradizioni orali richiede in genere il riesame, da un punto di vista matematico, del lavoro e dei materiali raccolti da antropologi, archeologi, linguisti e storici della cultura.
Fra i numerosi contesti culturali in cui compaiono concetti matematici vi sono l’archiviazione, la realizzazione di calendari, la costruzione di edifici, la decorazione, la navigazione, l’organizzazione
familiare, la cartografia, la divinazione e la religione. Essenzialmente, la sovrapposizione dei concetti di tempo, spazio e ordine al mondo naturale, soprannaturale e sociale può coinvolgere concetti matematici. Per esempio, gli Inca idearono un metodo di registrazione che si basava su un
sistema numerico-logico costituito da cordicelle colorate e annodate; nel metodo di navigazione tradizionale delle popolazioni delle Isole Marshall, strutture bidimensionali fatte di steli di palma legati con fibre di cocco fungevano da rappresentazioni planari della concettualizzazione del gioco di correnti e terre emerse; e la divinazione in Madagascar si basava sulla costruzione di matrici di semi mediante un complesso algoritmo algebrico includente una logica a due valori.
Ciò che distingue la tradizione kolam da altri esempi è che essa ha contribuito direttamente a un
settore di ricerca scientifico: queste complesse figure sono entrate nel territorio della scienza dei calcolatori. Esse hanno fornito materiale adatto a chiarire i metodi noti di analisi e descrizione di immagini e hanno anche ispirato la creazione di metodi nuovi.
Le figure kolam:
La tradizione kolam del Tamil Nadu esiste da secoli e rimane una pratica comune per le donne che abitano sia in città sia in campagna, da quelle che hanno studiato all’università alle meno istruite. In anni recenti, molte donne hanno sostituito al riso polveri minerali disponibili in commercio, gesso o inchiostro, e molte che hanno lasciato il Tamil Nadu spesso proseguono questa pratica nella loro nuova residenza. Disegnare quotidianamente figure sulla soglia di casa è un aspetto importante della cultura tamil. La soglia decorata funge da confine fra il mondo interno e quello esterno, e le figure possono al contempo proteggere la casa e dare il benvenuto ai visitatori. Alle ragazze viene insegnato un buon numero di raffigurazioni e di procedimenti per eseguirle; esse imparano inoltre quali figure sono appropriate per l’uso quotidiano e quali sono riservate a occasioni speciali o a particolari festività e rituali. Imparare la tradizione kolam è una parte importante dell’educazione di una ragazza. Sebbene si tratti di una tradizione trasmessa da madre a figlia, essa si inquadra in una cultura che conosce l’espressione scritta. In effetti, i Tamil possiedono una loro scrittura, nonché una vasta letteratura che risale fino al III o IV secolo a.C. Nelle fonti scritte tamil la tradizione kolam è citata solo di passaggio e con scarsi dettagli; tuttavia esse testimoniano l’antichità e l’estrema diffusione di questa pratica. Per esempio, uno dei primi riferimenti conosciuti, in un’opera del XVI secolo, è la descrizione di un regno pacifico e fiorente, una sorta di eden nel quale la tigre e la vacca bevevano dalla stessa fonte, i bramini cantavano il Veda, le donne decoravano le strade con i kolam, la pioggia cadeva puntualmente e nessuno soffriva la fame. Anche in altre regioni dell’India, oltre al Tamil Nadu, si riscontrano tradizioni analoghe, che prendono i nomi di muggu, rangoli e alpana; sebbene sia probabile una correlazione storica fra tutte queste tradizioni, le figure sono differenti, come pure differiscono il loro significato e i procedimenti per eseguirle. In tempi recenti, alcune tradizioni si sono ampliate fino a includere aspetti delle altre; di conseguenza, a volte i termini per indicarle sono usati in modo intercambiabile.

matematica e informatica

6 novembre

Una teoria ha solo l’alternativa fra essere
giusta o sbagliata. Un modello ha
una terza possibilità: può essere giusto,
ma non pertinente.
Manfred Eigen, citato in Jagdish Mehra,
The Physicist’s Conception of Nature

Alan Mathison Turing
Matematico inglese è uno dei padri della teoria della calcolabilità e dell’informatica; partecipò alla costruzione di uno dei primi elaboratori elettronici, contribuendo tanto alla progettazione della macchina, quanto alla nascente teoria della programmazione, e fu un geniale antesigno dell’Intelligenza Artificiale.
Si occupò dello studio e delle capacità dei limiti delle macchine nel calcolo automatico. Nel 1937 pubblicò un famoso articolo in cui dimostrava l’indecidibilità della logica, vale a dire l’impossibilità di stabilire, con mezzi meccanici, se una formula sia o meno un teorema del calcolo dei predicati. Durante la seconda guerra mondiale Turing aveva militato nel controspionaggio inglese, lavorando alla decifrazione dei messaggi scambiati dai sommergibili tedeschi mediante la macchina criptatrice Enigma. Dopo la guerra gli fu affidato l’incarico di dirigere il progetto inglese per la costruzione di un elaboratore elettronico sul modello di quanto era stato fatto negli Stati Uniti. Sebbene il progetto Automatic Computing Engine non sia stato portato a termine, fu comunque la base della realizzazione del calcolatore di Manchester, presso la cui università Turing si trasferì.
Il concetto di gioco imitativo sarebbe divenuto nella critica di Searle il test di Turing: inteso come il criterio per cui una macchina o un programma è intelligente se il suo comportamento in un determinato settore non può essere distinto da quello di un essere umano. Ideò le macchine non organizzate, anticipazione delle reti neuronali. Si tratta di automi indipendenti che interagiscono tra loro secondo schemi che non sono preordinati, ma che si sviluppano per esperienza, in risposta a premi e punizioni.
Partendo dall’idea di calcolo inteso come manipolazione di simboli secondo regole, turino elaborò un modello costituito da unità di controllo capace di un numero finito di stati e da una testina in grado di riconoscere e di scrivere simboli,presi da una collezione finita, nelle celle di un nastro potenzialmente infinito. Le operazioni della macchina sono guidate da una tabella che, per ogni stato e per ogni carattere letto sul nastro, stabilisce cosa debba esservi sostituito e in quale direzione spostare la testina. Una macchina di Turing corrisponde alla struttura logica di un programma.
Il cuore della prova di Turing è la definizione di una macchina universale, la quale è capace di imitare qualunque altra macchina , una volta che la relativa tabella dei comportamenti e l’ingresso adatto a questa macchina siano memorizzati sul suo nastro. Questa idea è riconosciuta come la base teorica dei moderni elaboratori.

Il genio indiano

4 novembre
La dimostrazione è un idolo davanti al
quale il matematico si tortura.
Sir Arthur Eddington
Citato in Simon Singh
L’ultimo teorema di Fermat

Srinivasa Aaiyangar Ramanujan
Matematico indiano di famiglia povera frequentò le scuole elementari per due anni e poi passò alle secondarie a Kumbakonam. Per molti anni non ebbe occupazioni stabili e incontrò diversi insuccessi, ma continuò a tenere note scritte sui suoi risultati di ricerca. Pubblicò lavori sul Journal of the Indian Mathematical Society e scrisse al matematico G.H.Hardy a Cambridge. Questi invitò Ramanujan che ottenne una borsa d studio al Trinity College. Sotto la guida di Hardy Ramanujan affinò le sue conoscenze matematiche. Pubblicò diversi lavori soprattutto riguardo la teoria dei numeri.
Ramanujan rivelò ben presto un’eccezionale memoria e una notevole capacità nel calcolo; non ebbe una preparazione sistematica in materia e molti dei suoi risultati non furono da lui dimostrati nel senso proprio del termine, ma resi plausibili.
Operò sostanzialmente per intuizione e induzione, senza rendere conto in modo coerente del suo procedere.

I frattali

2 novembre
Definizione di Frattali:

Benoît Mandelbrot, matematico polacco, francese di adozione, è noto al grande pubblico soprattutto per i suoi lavori sulla geometria frattale.

Nato il 20 novembre 1924 a Varsavia, in Polonia, ha vissuto in Francia per buona parte della sua vita.
Originario da una famiglia con forte tradizione accademica (sua madre era infatti una dottoressa e suo zio Szolem Mandelbrot un famoso matematico), ha dedicato la propria esistenza allo studio della matematica e della geometria.
La famiglia lasciò la Polonia stabilendosi a Parigi per sfuggire il regime nazista. A Parigi venne iniziato alla matematica da uno (appunto Szolem) dei suoi due zii, che contribuirono alla sua educazione e formazione, da una parte scientifica, dall'altra umanistica.
Educato in Francia, ha sviluppato la matematica di Gaston Julia e ha cominciato la rappresentazione grafica di equazioni su computer. Mandelbrot è il fondatore di ciò che oggi viene chiamata geometria frattale e ha dato il proprio nome ad una famiglia di frattali (detti appunto frattali di Mandelbrot) e ad un particolare insieme (detto insieme di Mandelbrot).
Entità geometrica derivante da una costruzione che ripete, in scala sempre minore, la stessa forma iniziale. Le tecniche frattali, formalizzate nel 1975 dal matematico B.Mandelbrot, vengono utilizzate nello studio matematico di sistemi caotici e, nell’ambito della computer grafic, nella generazione automatica di immagini. L’autosomiglianza, ossia la similitudine con una propria parte, caratterizza le figure frattali, i nuovi oggetti di cui si è arricchito il panorama delle figure geometriche negli ultimi trent’anni, grazie allo sviluppo dei calcolatori e alle tecniche della computer graphics.
Popolari per le loro caratteristiche estetiche, il loro studio, da un punto di vista matematico, è sistematizzato da Mandelbrot che ha l’idea originale di iterare la semplice forma ricorsiva X2 + c dando a x e c valori complessi. Se x è un numero complesso qualunque, elevandolo al quadrato r sommando c si ottiene un nuovo numero complesso. Ripetendo per questo numero lo stesso procedimento si ottiene un ulteriore numero, e così via indefinitamente.
Questa semplice operazione di iterazione genera, sullo schermo del computer che la implementa, una figura inquietante, l’insieme di Mandelbrot. Una delle sue proprietà caratteristiche è infatti l’autosomiglianza: se si guarda il contorno della figura, una parte qualunque riproduce in scala la forma dell’insieme. Secondo Mandelbrot, la rivoluzione frattale, annuncia l’avvento di una nuova stagione nella matematica e nella scienza, una nuova geometria della natura, che consente di descrivere i più disparati fenomeni dal comportamento irregolare e caotico, dalla turbolenza alla distribuzione della materia nell’universo, e traduce in termini moderni le celebri parole di Galileo.
Galileo nel Saggiatore scriveva: le figure geometriche, piane o solide, il triangolo, il quadrato, il cerchio, il cubo, il tetraedro sono gli elementi essenziali del mondo, le strutture fondanti della realtà; infatti il grande libro della natura è scritto in lingua matematica, e i suoi caratteri sono triangoli, cerchi, e altre figure geometriche. (E’ questa di Galileo idea antica, risalente a Pitagora, a Platone che nel Timeo associa la Terra, il fuoco, l’acqua, l’aria e l’etere al tetraedro, all’ottaedro, all’icosaedro, al cubo e al dodecaedro. Naturalmente il sistema del mondo non ha nulla a che fare con i solidi platonici, tuttavia i solidi platonici cioè poliedri le cui facce sono poligoni regolari identici tra loro, e i cui vertici sono angoli eguali tra loro, rappresentano le superfici più semplici da studiare ed hanno catturato l’interesse degli uomini sin dai tempi più remoti).
In realtà, la generazione e le proprietà matematiche di figure di questo tipo erano in gran parte già note da tempo. La grafica al calcolatore ha solo consentito di tradurre in immagini quel grande arsenale di funzioni e insiemi strani e patologici scoperti dai matematici tra ottocento e novecento, rivelando le fascinose figure dai contorni frastagliati ed irregolari, che hanno fatto parlare di bellezza dei frattali.

Curiosità:
In questi anni, molti scienziati e matematici hanno iniziato a considerare la possibilità di prevedere l’andamento dei mercati in borsa. In questo ambito ha trovato un’importante spazio l’applicazione della teoria dei frattali.
Frattale è il termine coniato da Mandelbrot derivante dal latino fractus, e intendendo un oggetto, più propriamente una figura geometrica, che mostra la caratteristica di autosomiglianza, proprietà di un insieme che, se osservato nei dettagli a scala sempre più piccola, rimanesimile all’insieme di partenza. Mandelbrot si accorse che molti oggetti comuni, coste, i cristalli di neve, le nuvole, gli alberi o le catene montuose, si riconducono naturalmente a queste particolari costruzioni geometriche. Nasceva in questo modo una nuova branca della matematica chiamata geometria frattale. Mandelbrot studiando il fenomeno capì che il grado di irregolarità rimane costate su scale diverse. Lo stesso fenomeno viene riscontrato sui mercati finanziari, dove è possibile osservare comportamenti simili sui grafici giornalieri di 60 minuti o 5 minuti. Gli scienziati e i matematici hanno appurato che nei mercati esiste la tendenza a persistere in movimenti al rialzo o al ribasso per periodi prolungati, confermando così l’esistenza dei trend già esaminati dall’analisi tecnica. La scoperta e lo studio della natura frattale dei mercati finanziari dimostrano in sostanza che le distribuzioni dei rendimenti delle attività finanziarie sono delle distribuzioni frattali che godono di alcune importanti proprietà tra cui l’invarianza rispetto alla scala temporale e l’esistenza di una memoria a lungo termine che lega i dati della serie storica.

I giochi e la matematica

17 ottobre

Isabella Vergara, Geni con il quiz, in Airone, Agosto 2008, pag.71
Lo dice la scienza: sudoku, rebus e cruciverba ci rendono più intelligenti.
Enigmistica e matematica stimolano diverse aree del cervello.
Spazio e numeri interessano il lobo parietale. In questa regione risiede il senso dell’orientamento e in generale la competenza visivo-spaziale. Si esercita ad esempio con il sudoku, il cruciverba e il rebus. I tassisti hanno i lobi parietali super sviluppati.
La vista interessa il lobo occipitale: è la parte deputata a riconoscere e interpretare gli stimoli che arrivano al nervo ottico. Viene attivato quando giochiamo a trovare le differenze in due figure. Il lobo frontale è deputato al ragionamento logico-matematico, al pensiero astratto, attenzione, pianificazione: tutte capacità che si esercitano con il sudoku, cruciverba, giochi matematici ed il rebus.
Il lobo temporale: sede della memoria. Questa regione viene esercitata con le parole crociate e con il rebus.
Diversi studi hanno dimostrato che gli stimoli intellettivi aumentano l’afflusso di sangue al cervello e favoriscono il rilascio di sostanze nutritive che, ad esempio, possono rafforzare ed aumentare in modo significativo le connessioni nervose dell’Ippocampo, regione fondamentale per l’apprendimento e la memoria.
APPROFONDIMENTI
I giochi che stimolano le diverse aree del cervello. Chi gioca più a lungo ottiene –anche- punteggi più alti nel quoziente intellettivo.
Sudoku: impegna il lobo occipitale per esplorare la griglia; pesca i numeri nel lobo parietale e decide dove posizionarli con il lobo frontale; utilizza la memoria a breve termine (regioni frontali e parietali), per visualizzare mentalmente le varie regioni nella griglia.
Trova la differenza: il confronto continuo tra le due immagini sollecita le strutture occipito-temporali e parietali destre, coinvolte nella rappresentazione astratta di ciascuna figura, e le regioni frontali destre, che mantengono attive queste rappresentazioni nella memoria di lavoro visuo-spaziale.
Cruciverba: stimola l’emisfero sinistro del cervello. La lettura richiede l’attivazione di strutture temporo-occipitali; la comprensione delle definizioni si avvale delle aree del linguaggio, area di Broca, area di Wernicke; per reperire la parola bersagliasi attivano le conoscenze sulle diverse categorie concettuali, rappresentate in varie parti della corteccia (lobo temporale, lobo parietale, lobo frontale). La produzione della risposta scritta esercita le aree coinvolte nella scrittura (lobo temporale, lobo parietale e lobo frontale).
Rebus: attiva la corteccia temporo-occipitale per riconoscere le immagini; recupera le parole corrispondenti nelle regioni temporali sinistre (per i nomi) o frontali sinistre (per i verbi) e le tiene nella memoria verbale a breve termine (nelle regioni fronto-parietali sinistre) per poi concatenarle nella risposta attesa.

Cognitivismo e matematica

16 ottobre

G.Lakoff, R.E.Nùnez, Perché la scienza cognitiva ha a che fare con la matematica, in Da dove viene la matematica, Bollati Boringhieri, Torino 2005, pag.23

L’analisi delle idee matematiche da un punto di vista cognitivo
Se la matematica è fondamentale, ed anche profonda, essenziale per l’esperienza umana, come tale richiede d’essere capita. La matematica è l’essenza della precisione, che si manifesta nell’uso dei simboli nei calcoli e nelle dimostrazioni formali. I simboli, però, sono soltanto simboli, non idee.
Ora: se il contenuto intellettuale della matematica risiede nelle sue idee, e non nei simboli, cioè non là dove si può vedere più facilmente il rigore matematico, come studiare le idee umane?
Attraverso la scienza cognitiva e le neuroscienze. La matematica non studia e non può studiare empiricamente le idee umane, perché la conoscenza umana non è il suo oggetto di studio. Neuroscienza e scienza cognitiva applicano la scienza della mente alle idee matematiche umane.
Si potrebbe pensare che il modo migliore per comprendere le idee matematiche sia chiedere ai matematici che cosa stanno pensando. Molti matematici famosi come Descartes, Boole, Dedekind, Poincaré, cantor e Weyl applicarono questo metodo su se stessi, facendo un’analisi introspettiva dei
Loro stessi pensieri. La ricerca contemporanea sulla mente mostra che, per quanto un metodo possa essere valido, può al massimo fornire una parte della storia, ma non tutta. La grande maggioranza dei nostri pensieri e dei nostri sistemi concettuali è parte dell’inconscio cognitivo. Noi come esseri umani non abbiamo accesso diretto alle nostre forme più profonde di comprensione. Sono necessarie le tecniche analitiche della scienza cognitiva, se vogliamo comprendere il modo in cui noi comprendiamo. Rafael Nùnez e Gorge Lakoff nelle loro ricerche ritengono di essersi imbattuti nel romanzo della matematica. Secondo questo modo di pensare la matematica è astratta e desembodied, ha una esistenza oggettiva che fornisce una struttura per questo universo e per ogni universo possibile, indipendentemente dall’esistenza degli esseri umani o da qualunque esser, e trascendente gli stessi. Sempre secondo il romanzo della matematica, la matematica umana è solo una parte della matematica, e le dimostrazioni matematiche ci permetterebbero di scoprire le verità trascendenti della matematica. La matematica è parte dell’universo fisico e fornisce ad esso una struttura razionale; le successioni di Fibonacci nei fiori, le spirali logaritmiche nelle chiocciole, i frattali nelle catene montuose e le parabole nei recinti. Apprendere la matematica è quindi apprendere il linguaggio della natura, una modalità di pensiero che dovrebbe essere condivisa da ogni essere dotato di intelligenza in qualunque parte dell’universo. Ma questo è solo un bel romanzo. La matematica come noi la conosciamo ha avuto origine dalla natura dei nostri cervelli e dalle nostre esperienze embodied. Il termine embodied cognition letteralmente può essere tradotto con conoscenza incorporata, che significa la scienza dei processi cognitivi intesi come basati sulla nostra fisicità di esseri umani, sia per quanto riguarda il corpo che il cervello. La matematica umana, l’unico tipo di matematica che noi conosciamo, non può essere una sottospecie di matematica astratta e trascendente.
Il pensiero metaforico:
Da dove vengono le idee matematiche?
Per la maggior parte, gli esseri umani concettualizzano i pensieri astratti in termini concreti, utilizzando idee e modelli di ragionamento fondati sul sistema senso-motorio. Il meccanismo per cui l’astratto è compreso in termini del concreto viene detto metafora concettuale. Anche il pensiero matematico fa uso di metafore concettuali, come quando concettualizziamo i numeri come punti su di una retta.
Perché molte delle bellezze e delle profondità della matematica sono inaccessibili e misteriose ai molti? La scienza cognitiva è in grado di rivelare questo mistero. Gran parte della confusione sorge perché le metafore concettuali, che sono parte della matematica, non vengono riconosciute come tali, ma sono considerate in senso letterale. Quando viene rivelata la natura pienamente metaforica dei concetti matematici, tali confusioni e apparenti paradossi scompaiono.
Se si considera la metafora: i numeri sono punti su di una retta, i numeri non devono essere necessariamente concettualizzati come punti su di una retta; ci sono concezioni del numero che non sono geometriche. Ma la retta dei numeri è uno dei concetti centrali in tutta la matematica: la geometria analitica non esisterebbe senza essa, e nemmeno la trigonometria.
La metafora concettuale è un meccanismo cognitivo che permette di ragionare su un tipo di cose come se fosse un altro. Ciò significa che la metafora non è semplicemente un fenomeno linguistico, ma una mera figura retorica. Essa è un meccanismo cognitivo che appartiene al mondo del pensiero. E’ mappa fondata, che conserva l’inferenza fra i domini; meccanismo neurale che permette di usare la struttura inferenziale di un dominio concettuale (per esempio la geometria), per ragionare su di un altro dominio, per esempio l’aritmetica. La metafora concettuale rende la matematica estremamente ricca, ma può determinare anche confusione e apparenti paradossi, se le metafore non sono chiarite e considerate come verità in senso letterale.

l'aritmetica innata

G.Lakoff, R.E.Nùnez, L’aritmetica innata nel cervello, in Da dove viene la matematica, Bollati Boringhieri, Torino 2005, pag.43

Di solito si pensa che la matematica sia qualcosa di intrinsecamente complesso e difficile, da insegnare con compiti ed esercizi da svolgere a casa. Eppure noi veniamo alla luce preparati in almeno una qualche forma rudimentale dell’aritmetica.
Quali abilità allora possiedono i bambini:
1) A tre o quattro giorni dalla nascita un bambino distingue da collezioni di due o tre oggetti.
2) A partire dai quattro mesi, un bambino può dire che uno più uno fa due e che due meno uno fa uno.
3) Non solo i bambini discriminano raggruppamenti visivi, ma anche numeri di suoni. A tre o quattro giorni, un bambino può distinguere tra suoni di due o tre sillabe.
4) A circa sette mesi, i bambini possono riconoscere l’equivalenza numerica tra raggruppamenti di oggetti e battiti nello stesso numero.
Attraverso procedure sperimentali, ormai classiche (alcune diapositive vengono proiettate sullo schermo davanti a bambini seduti in braccio alle loro madri; inizialmente diapositive contenenti due grandi punti neri, quando il bambino inizia a guardare le diapositive con due punti, per un periodo breve –comportamento detto di assuefazione-, le diapositive vengono cambiate, proiettando tre punti neri senza preavviso. Ed ecco che il bambino inizia a fissare per un tempo maggiore- tempo di fissaggio maggiore-. La differenza tra i tempi di fissaggio informa gli psicologi che i bambini sarebbero in grado di distinguere tra due e tre punti. Esperimenti di questo tipo suggeriscono che nei neonati è presente l’abilità di distinguere numeri piccoli, e quindi che esiste almeno una qualche capacità numerica innata.

la geometria elementare

14 ottobre
La geometria Elementare
Gli Elementi di Euclide costituiscono la base dell’insegnamento scolastico della geometria. La presentazione moderna si fonda essenzialmente sulla rielaborazione degli Elementi di compiuta all’inizio del XIX secolo da Legendre nella sua Géometrie, essa non differisce di molto da quella originale euclidea. La presentazione ha di solito carattere assiomatico. Negli Elementi Euclide introduce innanzitutto 23 definizioni; nelle trattazioni moderne le nozioni di retta, punto e piano non vengono definite esplicitamente, ma riguardate come definite implicitamente dagli assiomi. Le proposizioni primitive di Euclide sono 10, 5postulati e 5 nozioni comuni. Il più celebre è il V postulato o postulato delle parallele che recita: se una retta incontra due rette date e forma gli angoli interni da uno stesso lato di due angoli retti, le due rette, se prolungate indefinitamente, si incontreranno dal lato in cui gli angoli sono minori di due angoli retti.
Da esso si deduce che per un punto fuori dalla retta passa una ed una sola retta parallela alla retta data. Si deve ricordare che due rette di uno stesso piano sono dette parallele se non hanno punti in comune. Pereuclide i postulati descrivevano verità geometriche talmente evidenti da non aver bisogno di dimostrazioni. L’evidenza del V postulato fu messa in dubbio fin dall’antichità e vennero messi in opera numerosissimi tentativi per dimostrarlo a partire dagli altri o per sostituirlo con un altro dotato di maggiore evidenza. Essi finirono per dare origine alle geometrie non Euclidee.
Hilbert invece usa 20 assiomi divisi in cinque gruppi (assiomi di collegamento, di ordinamento, d congruenza, delle parallele e di continuità).
Nella sua impostazione gli assiomi sono proposizioni scelte arbitrariamente e quindi non dotate di particolare evidenza.

La geometria PIANA
La geometria elementare piana studia le figure nel piano intuitivo considerato costituito da punti al finito (piano ordinario). La trattazione tipica della geometria inizia introducendo le nozioni fondamentali di punto, retta e piano, segmento, semiretta, semipiano, angolo come insieme di punti, angolo come insieme di semirette o di rette. Si introducono poi considerazioni elementari sull’uguaglianza e sulla somma fra segmenti e fra angoli.
Le figure considerate in geometria elementare sono anch’esse ordinarie (punti e rette), come il piano stesso che ne è il supporto.
La figura piana più semplice è il triangolo, costituito da tre segmenti o lati che uniscono tra loro tre punti distinti non allineati. Vengono poi le altre figure elementari come il cerchio e la circonferenza, poligoni e parallelogrammi, ed allora è possibile parlare della base, dell’altezza, apotema, lati, arco, corda, settore. E’ importante conoscere le regole per il calcolo dell’area o estensione superficiale. Giocano un ruolo importante le figure poligonali, ovvero le figure che si possono decomporre in poligoni.
La figura più importante in geometria piana è il cerchio, definito come luogo dei punti contenuti all’interno di una circonferenza di centro C dato.

La GEOMETRIA EUCLIDEA .
In senso tecnico moderno è quella parte della geometria che studia le proprietà del piano o dello spazio che sono invarianti rispetto al gruppo dei movimenti.
Fra i movimenti vi sono le traslazioni secondo un vettore dato, le rotazioni, e le simmetrie. Gli spazi in cui vale la geometria euclidea sono detti spazi euclidei . Il tipico spazio euclideo di dimensione n è l’insieme n costituito da tutte le n-ple(x1,x2,…,xn)di numeri reali in cui la distanza fra il punto precedente e il punto (y1,y2,…yn) è definita mediante la formula √(x1-y1)2 + … + …(xn-yn)2

geometria nel 1600

13 ottobre
Alberto Conte, La Geometria, in La Scienza, UTET, Torino 2007, pag. 64

La geometria riprese vigore nel XVII secolo quando Descartes introdusse il metodo delle coordinate e Desargues e Pascal crearono la geometria proiettiva, applicandolo immediatamente allo studio delle coniche. Nel XVIII secolo la geometria analitica, cioè lo studio delle proprietà geometriche con il metodo cartesiano delle coordinate rispetto ad assi di riferimento, fu sviluppato soprattutto da Eulero. Alla fine dl secolo Monge creò la geometria descrittiva. Nel XIX secolo Gauss compì le prime ricerche di geometria differenziale ed aprì la via a Bòlyai e Lobacevskij nella creazione delle geometrie non Euclidee, che si ottengono negando l’assioma euclideo delle parallele, la cui validità era stata messa in dubbio sin dall’antichità.
Il programma di Erlangen di Klein.
Nella metà del secolo prese corpo la nozione di iperspazio o spazio di dimensione n qualsiasi. Le varie geometrie che ne nacquero vennero sistematizzate da Klein nel suo Programma di Erlangen, in cui propose di chiamare spazio un insieme S su cui opera un gruppo G e geometria lo studio di proprietà di S che sono invarianti rispetto alle operazioni di G.
Contemporaneamente B. Riemann creava la geometria moderna elaborando la nozione di varietà n-dimensionale e studiò le varietà riemanniane e la loro geometria, costituendo il punto di partenza di quel vasto campo di indagine che è la geometria differenziale contemporanea.
Allo stesso tempo, la nozione di superficie di Riemann, insieme con gli studi sulle curve algebriche, diede origine alla geometria algebrica, poi sviluppata nel nostro secolo dalla scuola italiana di Castelnuovo, Enriques e Severi. Alla fine del secolo i fondamenti della geometria vennero sottoposti a una radicale revisione critica che diede luogo alla tendenza assiomatica della matematica dei nostri giorni.
La topologia.
Creata alla fine del XIX secolo ha esercitato notevole influenza sulla matematica contemporanea.
Oggi la geometria ha permeato tutte le branche della matematica ed è difficile distinguerla dall’algebra e dall’analisi; viceversa queste ultime forniscono metodologie e strumenti alla matematica, come ad esempio avviene da parte dell’algebra con la teoria di gruppi, particolarmente utilizzata in geometria differenziale, nello studio di trasformazioni varie, esempio isometrie piane, trasformazioni del piano che conservano le proprietà metriche.